lunedì 19 ottobre 2009

LA DIFFAMAZIONE E LISTA PER RAVENNA

14.10.2009
DALLA PARTE DEL SOLDATO GAROFALO

Siccome la querela per diffamazione intentata dagli assessori Poggioli e Maraldi ad Alessandro Garofalo, esponente di Lista per Ravenna ed ora consigliere della Prima circoscrizione, ha assunto, a seguito della sentenza di condanna di primo grado, un aspetto politico, rispondo, alla stessa maniera, semplicemente riportando quello che ieri il direttore del Corriere della Sera ha scritto nel suo editoriale, riferendosi a quella sinistra di cui gli assessori stessi sono parte: “La libertà di stampa è in pericolo? Le querele sono gravi e da condannare, specie se vengono dal potere a scopo intimidatorio”. Non commenterò in chiave politica la sentenza, come altri farebbero notando che sia Garofalo che il suo avvocato difensore, Gabriele Sangiorgi, sono componenti del Comitato promotore del referendum sulla “grande moschea”, mentre lo studio legale dei querelanti fa capo, tra gli altri, al segretario comunale del PD. Mi limito a descrivere i fatti in causa, che consistono in una vignetta pubblicata sul blog del Comitato il Gabbiano, presieduto da Garofalo. Volta a criticare un’operazione del Comune che consisteva nella cessione in permuta a privati di un terreno comunale sul Corso Nord per la costruzione, anziché di un area verde, come richiesto dalla popolazione del quartiere, di nuove edificazioni, questa vignetta raffigurava, in senso simbolico, alcune banconote tra le effigie dei due assessori competenti in materia, spiegando però bene, nello scritto, che si trattava di un’operazione commerciale del Comune, senza alcuna allusione ad interessi dei due amministratori. Dopo che essi si sono sentiti offesi, Garofalo ha tolto tutto dal blog e formulato le proprie scuse. Il tentativo di conciliazione, di cui sono stato mediatore, è stato respinto.
Ogni giorno appaiono sui giornali vignette che esprimono critiche alle persone in forma satirica anche molto più pungente, senza che nessuno ricorra, quasi mai, in tribunale. Rientra tra i diritti fondamentali di libertà di espressione, tanto evidente nel nostro caso, che il Pubblico Ministero, rappresentante dell’accusa, ha chiesto l’assoluzione piena di Garofalo, rilevando l’insussistenza del reato, per assenza sia dell’idoneità offensiva, sia della volontà di offendere. Accusa e difesa sono dunque perfettamente coincise nel valutare infondata la querela, tanto più che si è trattato di una critica politica su provvedimenti della pubblica amministrazione, tutelata con maggiore ampiezza dall’ordinamento. Il giudice ha deciso diversamente, senza alcun effetto immediato a carico di Garofalo. Quando saranno conosciute le motivazioni della sentenza, il ricorso alla Corte d’Appello farà ripartire il giudizio da capo.
I due assessori potranno decidere di devolvere i propri eventuali risarcimenti a chi vogliono solo a seguito della sentenza definitiva, da cui però ci aspettiamo serenamente che sia ristabilita giustizia.
Nel caso malaugurato, c’è comunque un altro senso di giustizia, a cui Poggioli e Maraldi sono estranei, che tocca a noi affermare. Garofalo è il padre di una famiglia con quattro figli minorenni, che vive del lavoro suo e di sua moglie. Tutti, anche a sinistra, lo conoscono come persona appassionata ai problemi della città, a favore dei quali si batte intensamente, magari anche sbagliando, come tutti, ma senza alcun profitto, impegnando anzi le proprie risorse. Per qualsiasi danno immeritato che fosse posto a suo carico solamente per aver perseguito l’interesse dei cittadini, ci rivolgeremo, con una pubblica sottoscrizione, a tutte le persone di buona volontà, certi che la città saprà dimostrarsi più giusta dei suoi governanti.
Prendiamo atto di un potere politico che ricorre al potere giudiziario per zittire gli oppositori scomodi, non pago degli spazi della pubblica informazione in cui può far valere ampiamente le proprie ragioni. Lo registriamo.

Alvaro Ancisi, capogruppo
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